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domenica 20 settembre 2015

PEPPINO CHIANELLI UN GIORNALISTA TRA NOI


Sono sinceramente grato a Elisabetta, Giovanni ed Ester Chianelli per almeno tre motivi. Li elenco in ordine crescente di importanza.

- L’avermi fatto dono di un bellissimo libro, curato con amore in ogni sua parte e aspetto, fuori commercio perché destinato agli amici del nostro amato Peppino. Ciò mi commuove particolarmente per il riconoscimento di una ultraquarantennale amicizia, ininterrotta, fino al 23 settembre 2014, data dell’ ultimo incontro. Nella mia memoria si fa largo il giovanissimo tennista, con l’ immancabile chitarra e baffetti di un’estate di tanti anni fa. Avevo appena sette anni. Da allora ho avuto il privilegio di una interlocuzione continua, serena, franca e appassionata.

- Quindi l’avermi voluto stasera qui a condividere con gli amici le riflessioni sulla raccolta che, pur se di impresa difficile, mi onora particolarmente.

- E, ancor più rilevante, l’ aver voluto dare alle stampe sotto forma di raccolta il diario online,che in parte già conoscevo, del carissimo Peppino.

Senza troppi giri di parole, un libro meraviglioso, un officina di pensiero e di cultura che non tramonta mai, cattura immediatamente l’ interesse del lettore attento e cercatore di verità e sapienza. Io credo che i diari, chiunque ne sia l’autore, allorquando costui non indugia sull’ intimismo esasperato, fine a se stesso, alla ricerca di ascolto che lo compiaccia e che gli dia l’ illusione di  trovare risposte che mai troverà alle proprie crisi esistenziali ma di contro si cimenta a narrare la sua umana comunità partendo inevitabilmente dalla propria storia siano dei doni straordinari che ogni persona dovrebbe “divorare” e serbare nella propria biblioteca, nella propria mente e nel proprio cuore. Anzi bisognerebbe invogliare i “giovani moderni”in particolare, a scrivere il diario perché è necessario a ricostruire un terreno di confronto e di iniziative in tempi difficili dove, per entrare in tema, i dubbi aumentano eccessivamente e le certezze si riducono alla fiammella di un vecchio cerino.

E la terra d’ etrusco è tutto ciò. Un bisogno grande di partecipazione tutto interno all’ uomo che pienamente ambisce a vivere la sua condizione di animale sociale in un’epoca di grandi trasformazioni-involuzioni. Altrimenti cosa significherebbe la bellissima poesia, si poesia, perché di animo che vibra, di mano che scolpisce, di meati che si deliziano si tratta che Elisabetta, Ester e Giovanni hanno voluto in copertina?

“Arrendiamoci allora alla possibilità di sbagliare.

Una resa incondizionata che invece di avere

il sapore della disfatta abbia

 il sapore della partecipazione al mondo dei vivi”.

Peppino in questo modo così semplice e così denso di significato scolpisce se stesso e lo rivedo con me o con altri seduto alla panchina di Viale Santa Maria discorrere serenamente delle problematiche del nostro tempo, le più disparate ma tutte riguardanti l’uomo, i popoli, le classi sociali, Napoli e il suo paese di elezione Bella. Ma il dubbio in parte ci vedeva divisi perché a differenza di Peppino io non ho e non ho mai avuto un unico dubbio circa la necessità della trasformazione rivoluzionaria di questa società tanto ingiusta quanto spregevole e così ampiamente denunciata ne suoi articoli. Lui ha fatto sempre riferimento al riformismo socialista e la crisi del riformismo italiano non ha fatto altro che accrescere i dubbi, anche se, diversamente da tanti, non ha mai abbandonato la via maestra della tradizione socialista. Peppino ha sempre conosciuto questa mia posizione e leggendo l’Etrusco ne ho la riprova a pag 118 “ Laboratori in corso- iniziative editoriali di paese”. Canta con tenerezza fraterna una generosa lode dell’ iniziativa di laboratorio rosso, una recensione se si può dire così, “di un laboratorio vitale privo di dubbi sulla strada da percorrere per la ripresa civile e morale di questo povero paese”.

Il degrado morale di questo paese e della sua città natale Napoli sembra essere uno dei fili principali, se non il principale, della raccolta. Oltre metà degli articoli riguardano Napoli, la nostra città, sua di nascita, mia di adozione. ....Napoli, la meravigliosa città del sole e di tante bellissime altre cose, come la vivacità umana irresistibile ad ogni stereotipo, ad ogni tentativo di costringerla, di incanalarla, di trasformarla, contiene  tutto da millenni, perciò una meta per l’ agognato riscatto di intere generazioni dedite alla terra o all' emigrazione .In tanti, nei secoli , invano, si sono affannati a spiegarne la sua unicità  a spiegarne le “stranezze”, le peculiarità di questa grandissima città che condensa tutto nel suo “ventre”:la miseria e la ricchezza, il servilismo e la rivolta, il pianto ed il riso, la preghiera e l' imprecazione. A Napoli tutto é possibile ed imprevedibile in un attimo.in quanto anticipatrice di decenni, se non di secoli, delle principali vicende europee. Basti pensare al privilegio della prima e federiciana università pubblica, al clima di tolleranza e di convivenza che l’hanno resa famosa in tutto il mondo, cosmopolita dove tutte le contraddizioni sono rinvenibili: la delicatezza dell’ arte e la violenza del saccheggio urbanistico, gesti di grande amore e di pari violenza inspiegabile, il riso improvviso come il pianto.

Una grande città, meravigliosa che alleva Peppino “laureandolo” avvocato attento, bravo tennista e soprattutto un cronista gentile e colto dei nostri tempi tristi, all’ insegna della confusione e del degrado.

La terra dell’ Etrusco, (o un giornalista-scrittore tra noi) il diario online è come uno scrigno di cronache napoletane e non solo. Preziose , si preziose,  perché narrate con uno stile semplice, un periodare scorrevole e con un lessico che rende onore ad una lingua meravigliosa qual è il napoletano. Peppino ce ne spiega la grandezza fino a rimpiangerlo dinanzi alla “volgarità dell’ italianizzazione forzata” che altro non è se non il risultato del degrado in cui l’amatissima città è sprofondata dal oltre vent’anni. L’autore era legatissimo alla metropoli meridionale, parafrasando i grandi Goethe e Croce la definisce “Paradiso popolato dai demoni”. Già, leggendo “le buche di Napoli” a pag 188 si ha un quadro perfetto di come siano ridotte e le sue classi dirigenti e le sue strade.

Napoli e la lingua napoletana sono stati gli argomenti principali dei nostri confronti e delle nostre discussioni. Puntualmente mi riferiva di una città stretta tra la violenza gratuita e l’ ignavia delle istituzioni nonostante i tentativi della cultura e di parte del popolo di rinascere, di risalire la china verso una vita appena normale. E poi quasi un corso di lingua napoletana, un ripassare vocaboli in disuso, vecchi aneddoti e significativi modi di dire. Non ho mai intravisto stanchezza in quest’opera.

Un cronista ma anche un opinionista severo e garbato della nostra società putrescente fatta di mancanza di lavoro e dei bruttissimi esempi dei politici istituzionali all’ insegna della codardia e della perdita  del valore e senso del bene comune. Sono tanti i suoi articoli che la denunciano. Io vorrei leggere un bellissimo scritto  di Mario Pagano il rivoluzionario burgentino, nostro conterraneo, trucidato nella nostra Napoli e uno dei principali ideologi della rivoluzione democratica partenopea del 1799.

Sono convinto, avendolo conosciuto, che a Peppe non sarebbe dispiaciuto..

L’ATTUALITA’ DEL PENSIERO POLITICO DI FRANCESCO MARIO PAGANO

Brienza 25-26-27 Ottobre 1999


L’ignoranza delle grandi verità morali fa vacillare la base della società,ne rompe il necessario ligame. Quando non s’intende per tutti i cittadini che l’interesse privato non si possa dal pubblico divellare,che nell’associazione degli uomini il bene privato è nel pubblico rinchiuso,il civile edificio crolla da’ fondamenti suoi. Insensibili egoisti,vilissimi cortigiani,traditori de’ propri doveri, istrumenti dell’ingiustizia,voi,che nella rovina del ben pubblico trovate la privata vostra fortuna,voi,che accumulate ricchezze a spese della giustizia,che stabilite le vostre sopra cento rovesciate famiglie,voi ignorate che invano col tempo il soccorso di quelle leggi,che avete calpestate, implorerete per garentire la vostra proprietà;che quella società,che non avete mai curata e che più non esiste,non potrà esservi di sostegno. Così tardi  ed invano imparerete che ‘l privato interesse non si può mai dal pubblico separare.

                                                                                                  MARIO PAGANO

 

La terra dell’ Etrusco è anche l’ opera di uno storico laico, colto e raffinato grondante cultura memoria e soprattutto amicizia verso gli altri. Peppino ci regala nell’ etrusco un bellissimo racconto del proprio nonno in cui  riusciamo a comprendere quanti pochi passi abbia compiuto il nostro popolo verso la liberazione dalla sudditanza culturale ai poteri laici e religiosi.

 

Un giornalista innamorato della parola, del bel scrivere che padroneggia con maestria come gli artigiani di una volta gli arnesi per la fattura di beni sempre più belli e preziosi e perciò cercatori del meglio, dell’ opera sempre più precisa nella sua forma e per la sua funzione.

 

“E’ divertente scrivere; o meglio, è stimolante avere l’ opportunità di far scivolare i pensieri su una tastiera e forse trovare un matto o un buon samaritano che li legga”.

 

Perché chi ama gli altri ed è sensibile al destino della sua umana comunità si sforza per lasciarsi comprendere e non smette mai di cercare ….

“C’ è ancora tantissimo da imparare dai suoni della natura, dall acqua che cade in forma di pioggia o di neve, dal vento che passa tra i rami degli alberi inventando sinfonie sublimi, dal mare che ruggisce rabbioso, avvolgendosi su stesso. E i canti degli animali, i richiami s’ amore, il crepitio del fuoco ardente, il boato di un vulcano.”

 

Peppino esalta il dubbio che lo accompagna nella sua esistenza come forma di superiorità ed esalta il bisogno di imparare dallo stesso. Ecco emerge in tutta l’ opera il bisogno o meglio la necessità di vivere la vita attraverso la partecipazione(come diceva una vecchia canzone). Io credo che la partecipazione come la condivisione siano i fondamenti della libertà alla ricerca di un matto o di un buon samaritano dei tempi d’ oggi.

 

Vorrei concludere con la frase che leggo a completamento dell’ opera:

 “ e poi ha amato. Molto, ha amato davvero molto.”

Condivido sinceramente. Ha amato davvero noi e il suo luogo del cuore e della ragione, Bella. L’opera pullula di articoli, buona lettura.

Sperando che il tempo  riconosca il valore dei propri figli esuli in patria.

Bella 19/09/2015

Florenzo Doino

 

 

giovedì 2 luglio 2015



II FESTIVAL NAZIONALE DI POESIA PRESSO CASTELLO DELLA LEONESSA DI MONTEMILETTO (AVELLINO) ELENCO VINCITORI
http://www.artisfestival.onweb.it/





























































1° classificato:    Massimo MEZZETTI
2° classificato:    Agostino POSITANO
3° classificato:    Francolando MARANO
 
Menzione d’onore:   Antonio GIORDANO
Menzione speciale:  Teresa GAMBULI
 
Segnalazione giuria:
Loredana BELLISAI
Alfredo PERCIACCANTE
Florenzo DOINO
Bruno FIORENTINI
Leonardo DONA'

domenica 19 aprile 2015

AFRICA FERITA


AFRICA FERITA

Sei l’ arena di sempre.

Per i mercanti de figli tuoi,

per l’appetito dei civilizzatori,

per le cattive coscienze

infiacchite degli ingozzati.

Sei il teatro rosso,

di sangue a fiotti,

dipinto dai figli neri d’Etiopia.

Sei il gigante ferito

da figli di nero bardati

e scimitarra sguainata

per conto dei mercanti

di clemenza e promessa.

Sei per Noi la speranza

dell’ Umanità presto liberata.

Florenzo Doino

 

giovedì 2 aprile 2015

VERSO LA FINE....



VERSO LA FINE….


Il suo granaio
sovrabbondava
e delle cavallette
neanche si curava....
Le sue ampolle
di oli strapiene
da una sponda all’altra
transitavano
e ai poveri
qualche bicchiere donava.
In autunno
con fiumi di vino
gli amici rallegrava.
E le mani ingioiellate
nelle dimore sfarzose
e con la mente
nelle attività accorsate
a chiunque mostrate.




Ora
nel giaciglio
macilento e mesto
implora gocce con biglietti
per l’arsura il lenimento
di sorrisi volontari
in nessun momento
e di carezze in regalo
neanche uno sfioramento.
Florenzo Doino



 

martedì 17 marzo 2015

IL BISOGNO DEL BENE


Nell’aria di  polvere stipata
solo una madonna
e una prima comunione incorniciata.
Poi animali pascenti
e orecchie esploratrici
di  flebili lamenti.
Con occhi chinati
tra pilastri spezzati
e tegole infrante,
inferriate divelte
e portoni incendiati
cammino.
E l’animo,
alla speranza schiuso,
vola,
come alla  ricerca matta
del balsamo salvavita,
al bisogno di fare il bene.
Florenzo Doino

martedì 3 marzo 2015

NINIVEH 2014

NINIVEH 2014
Ballavamo
la notte e il giorno,
eravamo amici.
All' improvviso
il vento
dell' inverno gelido
spezzò i nostri canti,
serrò le nostre mani
e volammo lontano.
....Molti di noi
fummo cenci e cenere.
Florenzo Doino.

domenica 22 febbraio 2015

INVERNO COPTO 2015

Sull' Ara,
la lama
come per gli agnelli,
in nome di Qualcuno,
le Acque tinge
di rossi coaguli dei fratelli.
C'è sempre un manto sdrucito.
Angoscia e sangue ospita,
consola,conforta
e lacrime inaridisce
di copti e sottomessi,
innocenti e marginali,
migranti e resistenti.
Presto,
lo straccio rosso fuoco,
spiraglio dell' Umanità,
garrirà al vento.
Allora in nome di Qualcuno
nessun truciderà.
Florenzo Doino